Entrare nel mondo di Nedda Bonini, rappresentato essenzialmente dal suo studio d’artista, costituisce un’esperienza esaltante, perché sotto o aldilà dell’apparenza dimessa e quotidiana dell’ambiente, traspare un’atmosfera alchemica, in qualche modo magica… Materiali d’ogni genere si dipanano davanti agli occhi: stoffe, polveri metalliche, acetati, fotografie, vetri, plastiche si offrono all’artista per essere riscattati dal loro status di frammento, di scarto, di anonima eccedenza.
Nedda Bonini pratica da anni una sperimentazione tecnica ed espressiva su questi materiali, che parte dall’intenzione, eminentemente femminile, di donare nuova vita e giovinezza a ciò che è sopravvissuto fortuitamente (gli scarti industriali) o che è stato conservato con parsimonia (gli avanzi di attività artigianali, legate alla moda, alle arti applicate, ecc).
Dalla consapevolezza che la parte più degna e più bella di ciascuno è quella che viene gettata, poiché ci si accorge che non rende socialmente o economicamente, poiché non ha valore immediato ed utilitaristico, scaturisce il fascino di questo gioco. Una ri-scoperta delle cose, permeata da un comportamento conoscitivo privo di pregiudizi, non alla ricerca di conferme, ma di un rapporto autentico con le parti più umili del mondo. La reintroduzione dei materiali nel circuito vitale, il rimetterli in gioco, si avvale di un atteggiamento estetico, che consiste nel porsi di fronte alle schegge di realtà cogliendone l’alta potenzialità di attribuzione di significato, di interpretabilità.
Il processo creativo attuato da Nedda Bonini è interessante quanto le stesse opere che ne risultano. Un’ottica antidogmatica, curiosa e rispettosa guida l’assemblaggio di elementi, la contaminazione di tecniche, a volte all’apparenza desuete, come l’incisione o il cucito, capaci di conferire nuova dignità, integrità e significato alle cose. Una conoscenza che diviene gesto, un procedimento che non è solo estetico, ma anche critico, in quanto dimostra capacità di confronto e di relazione, in grado di far tesoro persino dell’errore e della casualità. La suggestione degli errori (una foto scartata, un ritaglio imperfetto, un’improvvisazione grafica, una polvere metallica che muta colore nel tempo…) deriva proprio dalla casualità con cui essi si rivelano, con imprevedibile organicità, con forza espressiva, fino a diventare memorabile parte integrante dell’opera. Accade talvolta anche nella vita… Il caso, l’errore, la perdita, il desiderio, la progettualità, che tanta parte hanno nella vita umana, sono gli ingredienti del gioco, che a sua volta genera altri scarti, ulteriori frammenti, spunti per le emozioni innovative di domani.
Le opere di Nedda Bonini “creano” l’ambiente in cui vengono create, e trasformano l’ambiente in cui sono esposte. I libri d’artista, i monotipi, i quadri, i tessuti entrano in relazione tra loro, sfuggono alle classificazioni, ma si appellano con voce comune allo spettatore-interprete. Lo avvolgono in un’intimità fatta di oggetti quotidiani, di colori, di segni, di sensazioni tattili che diventano presto sogni, echi, messaggi… La creatività femminile ha trovato le stanze tutte per sé.
Una stanza tutta per sè è pubblicato in “Confini mobili. Opere di Nedda Bonini nelle stanze di casa dell’Ariosto” a cura di Angelo Andreotti, Comunicarte, Ferrara 2003